Il monastero e la sua chiesa furono fondati nel 753 dal duca di BresciaDesiderio, futuro re dei Longobardi, e da sua moglie Ansa, che misero a guida del complesso la figlia Anselperga come prima badessa; la cripta fu realizzata nel 759-760[1], all'interno della quale furono collocate le reliquie delle sante Giulia, Sofia, Pistis, Elpis e Agape, e dei santi Ippolito e Pimenio[2]. Nel 763 la basilica e l'annesso monastero furono consacrati da Papa Paolo I con una solenne cerimonia[2]. Già nel secolo successivo[1] e poi ancora in quelli seguenti fu ampiamente rimaneggiato e arricchito, tanto che al caratteristico stile longobardo si sono aggiunte numerose altre tipologie architettoniche[3].
La chiesa si presenta a tre navate, in cui sono state utilizzate colonne romane preesistenti, senza abside e senza facciata; si tratta di un rifacimento datato intorno al IX secolo dell'edificio voluto originariamente da re Desiderio, a una navata e tre absidi. A sua volta la basilica sorge su una precedente domus di epoca romana risalente al I secolo d.C.. Sono inoltre visibili le fondazioni di una chiesa ed un complesso monastico più antiche[4], ovvero il monastero dei Santi Michele e Pietro[5][6][7][8].
Architettura
Del nucleo originario si conserva la struttura a tre navate scandite da colonne e capitelli in parte di età classica e reimpiegate nel nuovo edificio, in parte di manifattura bizantina, in parte creazione originale in loco. La chiesa, con transetto a tre absidi, era interamente decorata da stucchi e affreschi, tanto da costituire, insieme al Tempietto di Cividale[1], uno dei più ricchi e meglio conservati apparati ornamentali dell'Alto Medioevo. In gran parte perduta la decorazione della cripta, anch'essa a tre absidi, si è parzialmente conservato il corredo liturgico marmoreo[3].
Nell'ultima cappella della navata sinistra è invece esposto il gruppo delle terrecotte architettoniche provenienti dalla stessa chiesa e originariamente parte di un qualche apparato monumentale, mentre in più punti della chiesa sono raccolti i marmi longobardi frammentari che costituivano l'originale arredo liturgico.
Andrea Breda, Architettura e apparati decorativi nel Basso Medioevo, in Renata Stradiotti (a cura di), San Salvatore - Santa Giulia a Brescia. Il monastero nella storia, Milano, Skira, 2001.
Pierluigi De Vecchi, Elda Cerchiari, L'arte nel tempo, Milano, Bompiani, 1991, ISBN88-450-4219-7.
Fiorella Frisoni, Gli affreschi di Paolo da Caylina e di Romanino, in Renata Stradiotti (a cura di), San Salvatore - Santa Giulia a Brescia. Il monastero nella storia, Milano, Skira, 2001.
Elena Lucchesi Ragni, Ida Gianfranceschi e Maurizio Mondini (a cura di), Il coro delle monache - Cori e corali, catalogo della mostra, Milano, Skira, 2003, ISBN88-8491-533-3, OCLC52746424, SBNIT\ICCU\VEA\0154252.