Nel 568 i Longobardi avevano invaso il Friuli e avevano preso possesso di tutta l'Italia settentrionale sottraendola alla dominazione bizantina. L'Impero romano d'Oriente conservava comunque la dominazione dei territori costieri; tra cui Grado, antico porto di Aquileia. Qui Paolino, arcivescovo di Aquileia, per sottrarsi all'invasione longobarda, e in contrasto con Roma a seguito dello Scisma tricapitolino, aveva trasferito provvisoriamente la sede episcopale e le reliquie dei santi ed era stato proclamato patriarca.
Nel 607, alla morte dello scismatico Severo, si giunse ad una duplicazione del patriarcato di Aquileia con l'elezione di un metropolita a Grado (Candidiano di Rimini, in comunione con la Chiesa di Roma e appoggiato dall'esarca bizantino Smaragdo) e di uno ad Aquileia (Giovanni, scismatico, che si insediò nella fortezza di Cormons, sostenuto dal duca longobardo del FriuliGisulfo II). I due patriarcati (Aquileia e Grado) non vennero più riuniti, per opportunità politica, neppure dopo la risoluzione dello scisma, avvenuto con il sinodo di Pavia del 698-699.
Questo status fu confermato da papa Gregorio II, che nel 717 convalidò l'elezione di due patriarchi, Sereno a Cormons e Donato a Grado. Entrambi rivendicavano il titolo di "patriarchi di Aquileia" e la giurisdizione su tutto il territorio dell'antico patriarcato, anche tramite la produzione di documenti falsi. Tra questi falsi è annoverata anche una lettera sinodale emanata da un concilio celebrato a Roma all'epoca di papa Gregorio III (731), con la quale sarebbe stata attribuita ai patriarchi di Grado la giurisdizione sulla Venezia e l'Istria.[2]
Le tensioni fra i due patriarcati proseguirono fino alla fine del XII secolo. Nell'802 l'esercito veneziano assaltò Grado per punire il patriarca dell'appoggio offerto ai Franchi e al loro tentativo di conquistare il Ducato: il presule venne fatto precipitare da una torre. Nell'827 il concilio di Mantova tentò inutilmente di riunificare i patriarcati di Grado e Aquileia.
Contestualmente furono definiti i confini tra i due patriarcati e i loro possedimenti: il patriarcato di Grado ebbe giurisdizione su tutte le isole della laguna di Grado, su alcune della laguna di Venezia, tra cui diverse chiese di Venezia; sulla terraferma furono assegnate a Grado diverse parrocchie, tra cui quelle di Latisana, Ronchis, Latisanotta, Sabbioneta, e una parrocchie con diverse dipendenze nell'exclave di Conegliano.[4]
Nel territorio del patriarcato si trovava anche l'antica abbazia di Santa Maria sull'isola di Barbana, nella laguna gradese, fondata dal patriarca Massimo nel 649, e due monasteri benedettini, Sant'Andrea de Lupario e San Giorgio del Pineto.[5]
Nel 1157papa Adriano IV concesse al patriarca Enrico Dandolo (1135-1187) la facoltà di consacrare tutti i vescovi nei domini della repubblica di Venezia.[6] Grado si poté perciò fregiare del titolo di Venetae orae Istriaeque Ecclesiarum caput et mater et Aquileia nova (capo e madre delle Chiese della costa veneta e dell'Istria, e nuova Aquileia).[5]
A causa della decadenza di Grado, a partire dal 1105 i patriarchi presero a risiedere sempre più frequentemente a Venezia. Il patriarca Enrico Dandolo costruì sul Canal Grande un palazzo, che divenne sede stabile dei patriarchi gradesi; i suoi successori ottennero dai papi dapprima l'esenzione del palazzo vescovile dalla giurisdizione dei vescovi di Castello[7] e poi l'annessione della parrocchia di San Silvestro e delle sue dipendenze al patriarcato di Grado.[5]
Sono noti otto concili provinciali, celebrati dai patriarchi gradesi con i suoi vescovi suffraganei; il primo fu convocato nel 960 da Buono Blancanico; gli altri si tennero, spesso a Venezia, nel 971, nel 1040, nel 1127 (a Torcello), nel 1152, nel 1296 (a Grado) e gli ultimi due nel 1321 e nel 1330 nel palazzo patriarcale di San Silvestro a Venezia.[8]
Dopo la morte del patriarca Domenico Michiel, l'8 ottobre 1451, con la bollaRegis aeterni, papa Niccolò V soppresse il patriarcato di Grado e la diocesi di Castello. Con i territori e le giurisdizioni di entrambe fu eretta la diocesi di Venezia, ai cui vescovi fu assegnato il titolo patriarcale che era stato di Grado. L'ultimo vescovo castellano, Lorenzo Giustiniani, divenne il primo patriarca di Venezia.
^Kehr, Italia pontificia, vol. VII/2, p. 37 (nº †18).
^Kehr, Italia pontificia, vol. VII/2, pp. 62-63 (nn. 118 e 119). Testo della bolla in: Cappelletti, Le chiese d'Italia della loro origine sino ai nostri giorni, volume IX, pp. 68-70.
^Tramontin, Dictionnaire d'Histoire et de Géographie ecclésiastiques, vol. XXI, coll. 1026-1027.
^abcTramontin, Dictionnaire d'Histoire et de Géographie ecclésiastiques, vol. XXI, col. 1027.
^Kehr, Italia pontificia, vol. VII/2, p. 64 (nº 121).
^Cappelletti, Della Chiesa patriarcale di Grado, p. 123.
^Tramontin, Dictionnaire d'Histoire et de Géographie ecclésiastiques, vol. XXI, col. 1028.
^Dopo Severo, il Dandolo inserisce un vescovo Marciano, che avrebbe governato tre anni, e conseguentemente pone la data d'inizio dello scisma nel 610; Marciano tuttavia non è menzionato da Paolo Diacono e nemmeno da Cappelletti.
^Tentò di riunire Grado e Aquileia sotto la fede dei Tre Capitoli. Costretto alla fuga a Cormons dopo un breve episcopato, di lui non si hanno altre notizie.